giovedì 22 maggio 2008

ciascuno vale non per quanto produce come lavoratore o per quanto acquista come consumatore, ma per ciò che è come persona

Teramo è una città in prevalenza cattolica। Ci si aspetterebbe quindi che i comportamenti dei suoi abitanti fossero inspirati ai principi della loro fede. Teramo è, o almeno è stata, una cittadina non bigotta ma conservatrice, estremamente legata a principi di tolleranza e a comportamenti consoni alla sua tradizionale capacità d'accoglienza. Ma è sempre stata anche una città ferma nella sua connotazione cristiana: lo si può constatare anche dalla sua storia civile e politica. Ora ,però, mi sembra che si stia allontanando, con molta accelerazione, dal suo tradizionale cammino. Lo spunto di questa riflessione viene da alcune scelte che, sia i politici, sia i cittadini, sia le associazioni, le imprese, gli enti tutti sollecitano. Il lavoro domenicale, per esempio. Sembra, infatti, che le domeniche debbano essere usate e vissute in maniera nuova e moderna: nei giorni festivi, religiosi e non, bisogna assolutamente usare il tradizionale tempo del riposo, del culto e della famiglia ad attività produttive o di consumo. Negozi aperti, levate mattutine dei commercianti e via dicendo. Non ne facciamo, in questa sede, un problema religioso: dovrebbe essere la Curia a preoccuparsi di ciò. Ne facciamo, invece un problema sociale su cui riflettere. A tal proposito sono indicativi alcuni comportamenti dei nostri figli che anche la domenica non riescono a trovare i loro padri e le loro madri per fargli fare il loro dovere di genitori. Troppo spesso abbandonati a se stessi, percepiscono, quindi, una realtà sobillata da valori estranei a quelli tradizionali. Abbiamo parlato di valori e non di comportamenti, quindi parliamo di etica, di religione, di ideali, dell'arte di concepire la vita attraverso i futuri comportamenti individuali. E' probabile, quindi che i futuri adulti teramani passino, per esempio, le loro domeniche, non nelle piazze assolate o nei giardini, non con i loro genitori, senza la riflessione d'una preghiera o l'ascolto della Santa Messa, ma, passino le domeniche, dicevamo, al chiuso d'un centro commerciale o di jeanserie o posti simili. Ora per uno come me, nasce un forte sentimento d'indignazione e di protesta. Nasce in me il bisogno di richiamare quei concittadini, che, come me, professano ed ispirano - o dovrebbero inspirare - il loro agire a comportamenti e scelte cristiane. Pentitevi, dico sottovoce. E lo dico senz'arroganza , tanto meno usando toni da Savonarola: lo dico per esercitare il mio diritto ad esprimere idee e per adempiere al dovere d'un cristiano a comportarsi di conseguenza. Quindi riporto, di seguito alcuni passi di Catechismo ed alcune considerazioni, autorevoli, in merito.

Promemoria per gli smemorati
ARTICOLO 3 IL TERZO COMANDAMENTOL'Eucaristia domenicale2178 Questa pratica dell'assemblea cristiana risale agli inizi dell'età apostolica. 119 La lettera agli Ebrei ricorda: « Non disertando le nostre riunioni, come alcuni hanno l'abitudine di fare, ma esortandoci a vicenda » (Eb 10,25).La Tradizione conserva il ricordo di una esortazione sempre attuale: « Affrettarsi verso la chiesa, avvicinarsi al Signore e confessare i propri peccati, pentirsi durante la preghiera [...]. Assistere alla santa e divina liturgia, terminare la propria preghiera e non uscirne prima del congedo. [...] L'abbiamo spesso ripetuto: questo giorno vi è concesso per la preghiera e il riposo. È il giorno fatto dal Signore. In esso rallegriamoci ed esultiamo ». 120-----Giorno di grazia e di cessazione dal lavoro2184 Come Dio « cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro » (Gn 2,2), così anche la vita dell'uomo è ritmata dal lavoro e dal riposo. L'istituzione del giorno del Signore contribuisce a dare a tutti la possibilità di godere di sufficiente riposo e tempo libero che permetta loro di curare la vita familiare, culturale, sociale e religiosa. 1282185 Durante la domenica e gli altri giorni festivi di precetto, i fedeli si asterranno dal dedicarsi a lavori o attività che impediscano il culto dovuto a Dio, la letizia propria del giorno del Signore, la pratica delle opere di misericordia e la necessaria distensione della mente e del corpo. 129 Le necessità familiari o una grande utilità sociale costituiscono giustificazioni legittime di fronte al precetto del riposo domenicale. I fedeli vigileranno affinché legittime giustificazioni non creino abitudini pregiudizievoli per la religione, la vita di famiglia e la salute.« L'amore della verità cerca il sacro tempo libero, la necessità dell'amore accetta il giusto lavoro ». 1302186 È doveroso per i cristiani che dispongono di tempo libero ricordarsi dei loro fratelli che hanno i medesimi bisogni e i medesimi diritti e non possono riposarsi a causa della povertà e della miseria. Dalla pietà cristiana la domenica è tradizionalmente consacrata alle opere di bene e agli umili servizi di cui necessitano i malati, gli infermi, gli anziani. I cristiani santificheranno la domenica anche dando alla loro famiglia e ai loro parenti il tempo e le attenzioni che difficilmente si possono loro accordare negli altri giorni della settimana. La domenica è un tempo propizio per la riflessione, il silenzio, lo studio e la meditazione, che favoriscono la crescita della vita interiore e cristiana.2187 Santificare le domeniche e i giorni di festa esige un serio impegno comune. Ogni cristiano deve evitare di imporre, senza necessità, ad altri ciò che impedirebbe loro di osservare il giorno del Signore. Quando i costumi (sport, ristoranti, ecc.) e le necessità sociali (servizi pubblici, ecc.) richiedono a certuni un lavoro domenicale, ognuno si senta responsabile di riservarsi un tempo sufficiente di libertà. I fedeli avranno cura, con moderazione e carità, di evitare gli eccessi e le violenze cui talvolta danno luogo i divertimenti di massa. Nonostante le rigide esigenze dell'economia, i pubblici poteri vigileranno per assicurare ai cittadini un tempo destinato al riposo e al culto divino. I datori di lavoro hanno un obbligo analogo nei confronti dei loro dipendenti.2188 Nel rispetto della libertà religiosa e del bene comune di tutti, i cristiani devono adoperarsi per far riconoscere dalle leggi le domeniche e i giorni di festa della Chiesa come giorni festivi. Spetta a loro offrire a tutti un esempio pubblico di preghiera, di rispetto e di gioia e difendere le loro tradizioni come un prezioso contributo alla vita spirituale della società umana. Se la legislazione del paese o altri motivi obbligano a lavorare la domenica, questo giorno sia tuttavia vissuto come il giorno della nostra liberazione, che ci fa partecipare alla « adunanza festosa e all'assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli » (Eb 12,22-23).
Nell'esortazione post-sinodale Sacramentum CaritatisBenedetto XVI richiama alla coerenza anche in ParlamentoDal Papa monito ai politici cattoliciPreservare la domenica. Preservate la domenica: "Il lavoro è per l'uomo e non l'uomo per il lavoro". "Ci auguriamo vivamente", ha affermato Benedetto XVI nell'esortazione post-sinodale che la domenica, giorno del Signore, giorno del "riposo dal lavoro", resti "riconosciuto come tale anche dalla società civile, così che sia possibile essere liberi dalle attività lavorative, senza venire per questo penalizzati".
Papa Ratzinger ha lanciato un primo sintetico segnale , prendendosela col fatto che la domenica ora viene sprecata al supermercato.
La domenica è tempo di festa e di riposo. Per tutti.


DI PIERLUIGI BERTELLI *
Credo in una chiara e forte sollecitazione aripensare al valore della domenica come giorno festivo nonsolo per i cristiani e le loro comunità, ma anche per ognipersona e aggregazione umana e per la società civile nel suocomplesso.Una riflessione su quest’ultimo versante è resa quanto maiurgente, oggi, in particolare per l’estendersi del lavoro domenicale, anche in produzioni che non ne necessitano dal punto di vista tecnico e in servizi non di rilevante utilità pubblica.Ciò implica una sostanziale desincronizzazione individualistica del riposo settimanale, con pesanti ripercussioni sulle relazioni primarie delle persone. Infatti,come può una famiglia far crescere armoniosamente la propria vita se, quando il marito è a casa dal lavoro, la moglie è a lavorare, o viceversa? Se, quando i figli sono a casa da scuola,uno o entrambi i genitori sono al lavoro? E come può un gruppo di amici o di parenti coltivare le reciproche relazioni, se non c’è un giorno di comune astensione dal lavoro nel quale potersi ritrovare insieme? E come può un qualsiasi gruppo associativo (per esempio, un Circolo culturale o un’associazione di volontariato) svolgere la propria vita dicorpo sociale, se i soci non hanno un tempo libero usufruibile contemporaneamente? E come può esprimersi compiutamente una qualsiasi comunità (di tipo religioso o non), se i suoi membri non godono del riposo settimanale nel medesimo giorno?È evidente che tutti questi rapporti non sono surrogabili né dalle e-mail né dagli sms telefonici, e una loro limitazione si traduce in un progressivo impoverimento della vita di relazione: in particolare di quella relazionalità che si esprime nel confronto delle idee e nella condivisione di valori e di esperienze, nella ricerca di significati esistenziali e nella comunanza di progetti, nell’aiuto vicendevole e nelle azioni di solidarietà, nella disponibilità a superare i conflitti.Per di più, avere il tempo libero dal lavoro in giorni diversi gli uni dagli altri non consente che esso venga vissuto come tempo di festa, perché non è possibile far festa da soli.Il tempo della festa è quello in cui ognuno ha la possibilità di mettersi personalmente e liberamente in relazione con gli altri,senza interessi di tipo economico; è quello in cui ciascuno vale non per quanto produce come lavoratore o per quanto acquista come consumatore, ma per ciò che è come persona; èquello in cui la comunità civile coltiva il senso di appartenenzadei propri membri e produce gli «anticorpi» contro ladisgregazione sociale.Ecco perché una società tutta incentrata sulle logicheproduttive e di mercato è sostanzialmente vocataall’autodistruzione, non riuscendo più a rigenerare al propriointerno né quei valori che danno senso al vivere, né quel tipodi relazioni che costruiscono l’ordinato e pacifico con-vivere.Ed ecco perché una società veramente libera, democratica eumana non può fare a meno del giorno comune di festa, cherappresenta perciò un bene collettivo degno di tutela sociale, lacui espressione è resa possibile dalla concomitante astensionedal lavoro.Sarebbe poi quanto meno curioso che si arrivasse a celebrareannualmente la Festa del Lavoro, ma a lavorare ordinariamentenel giorno di festa settimanale, ovvero di domenica.* Segretario provinciale Movimento cristiano lavoratori

I tigli, che sono quei giardini in viale Mazzini, ora dedicati al benemerito Carino Gambacorta, erano una brulla e polverosa distesa di terriccio dove i bambini andavano a sfrenarsi in lunghe corse e nei giochi d'una volta. Successivamente furono sistemati creando grandi aiuole alberate divise da una strada in cemento. Furono, poi sistemate le opere di Crocetti e dopo qualche anno rifatti i marciapiedi. Erano, questi giardini, i tigli appunto, illuminati sul far della sera da graziosi quanto anonimi lampioncini da giardino. Niente di speciale, ma una decorosa luce pervadeva il luogo rendendolo unitario. Certo si formavano luoghi d'ombra tradizionali, determinati dalle fronde e dalle piante, agognati posti dove innocenti adolescenti per anni si sono scambiate le loro tenere ed innocue effusioni. Ora quelle piccole zone franche non ci sono più e quei poveri lampioncini che seguitavano, sera dopo sera, nella calma tranquillità del luogo, a fare il loro lavoro sono stati brutalmente estirpati. Al loro posto una serie di pali metallici e anodini protuberano lampade dalla luce diffusa e ghiacciata; da sottopasso - ghiottoneria per i nostri Amministratori, votati ai buchi di cui sopra al punto n.5- Tutto è stato reso piatto, schiacciato da una modesta ed uniforme illuminazione caccia-vandali, molto efficiente per luci da foto segnaletiche. So, per certo, che quasi tutti coloro che per quei percorsi passano e son passati per anni ed anni, abbiano avuto un certo sgomento. Dove stanno le ombre naturali che disegnavano i tigli? dove sono finite le agognate panchine della penombra dei nostri baci furtivi, delle nostre sofferte dichiarazioni d'amore? le nostre innocenti e tremolanti carezze? Dove son finiti quei luoghi riparati dove ci si poteva sedere in solitudine per rimuginare, soli, la sera, sulle nostre sconfitte, sui nostri dubbi con, magari, qualche lacrima nascosta dall'ombra d'una fronda? Queste trasformazioni andrebbero firmate col nome e il cognome del o dei responsabili. Applicate quindi, targhe o lapidi con i nomi dei responsabili di questi assassini d'ombre, a futura memoria.

giovedì 15 maggio 2008

Una piccola ed improbabile intervista impossibili a Don Domenico Ciccarelli



Domenico Ciccarelli 1874 - 1970 nota biografica
Quando nel 1915 Domenico Ciccarelli intraprese la nuova professione di libraio , era già uno dei personaggi più conosciuti ed amati - o temuti, a seconda dei casi, per la sua pungente lingua- dai teramani del tempo. Maestro di generazioni di fanciulli, vivace animatore a Teramo e in Abruzzo dell'Associazione Magistrale, impegnato con idealità positive nel campo della diffusione della cultura e della lotta all'analfabetismo, esponente di spicco delle "democrazia teramana", redattore del settimanale "Il Libero Pensiero" e quindi di "Verso la Vita ", Domenico Ciccarelli fu al centro del milieu civile nei due decenni del '900 che precedono il fascismo. La Libreria fondata nel settembre del 1915 venne chiamata "La Scolastica" e, ancor oggi conserva quel nome - forse un pò desueto ma caro a tante generazioni di lettori - ed è stata ubicata sino a gennaio del 2008 nello stesso posto, in Corso San Giorgio, dove nacque conservando pure, benchè rinnovata nel rispetto della sua originale struttura interna, la vetrina in ferro battuto di stile Liberty.Insieme a Domenico Ciccarelli animarono la "Libreria La Scolastica" sua moglie Emellina De Matteis e sua nipote Vincenza De Matteis che successivamente ne diventerà la titolare.Il ruolo svolto da Domenico Ciccarelli negli anni del prefascismo, il rispetto che circondava la sua attività di educatore e divulgatore di cultura attraverso la Libreria, non impedì, ma anzi rafforzò la vigilanza della occhiuta polizia fascista nei confronti di un uomo che, pur nel dignitoso silenzio imposto, non mancava di costituire pericolo per un regime che non consentiva trasgressioni e libertà di sorta.Il dopoguerra lo vide ancora protagonista di quella stagione politica, amministrativa e culturale. Fu punto di riferimento del Partito Comunista Italiano e contribuì non poco e concretamente alla sua crescita. Ancora c'è chi ricorda la sua rettitudine morale e i suoi insegnamenti. Morì all'età di 97 anni, nel 1970, lasciando severe e precise indicazioni circa la sua volontà di evitare, dopo la sua morte, qualsivoglia celebrazione privata, pubblica o religiosa.
Una piccola ed improbabile intervista impossibili a Don Domenico Ciccarelli
Buongiorno Don Domenico, posso chiamarla don Mimì?-
-Certo, tutti mi chiamano, anzi mi chiamavano Mimì; il "don" è un vezzo dei miei tempi, se vuole, può farne a meno-
Preferisco Don Mimì, se per Lei va bene.
- Sta perdendo tempo, non aveva delle domande da farmi?-
Ho diverse domande per Lei. Comincerò su una piccola leggenda legata all'apertura della Libreria La Scolastica;: è vero che l'aprì perché sua nipote Cenzina non voleva studiare? Oppure, una volta in pensione, Le faceva comodo poter giustificare, tramite un'attività commerciale, giustificare i suoi ripetuti viaggi all'estero?
- Che domanda: l'aprii e basta, forse per tutte e due le cose, forse perché avrei potuto leggere tutti i libri che mi pareva, forse perché avrei avuto un'altra entrata economica. Non lo so o non me lo ricordo; ma che importanza ha, sono passati quasi cent'anni da allora.
Mi dica: nel corso degli anni, la libreria diventò un centro d'incontro tra intellettuali, antifascisti e personaggi più o meno noti di Teramo?
- Tutti passavano da noi. Io ci passavo il mio tempo e avendo molti amici era inevitabile che passassero a trovarmi per scambiare quattro chiacchiere. Ci avevo messo delle sedie per far conversazione comodamente e talvolta ci venivano persone per fare una pausa e riposarsi un poco, altre per sfogliare i nuovi arrivi, pochi per comprare. Sa io ero già anziano ed i miei amici sono stati sempre, anche se non anagraficamente, più vecchi di me. Alcuni neppure li sopportavo: ci vedevano maluccio ed erano pure sordi. Gli parlavi e non capivano un fico secco.
Sua nipote era una brava libraia?
- Cenzina è stata sempre un pò svampita, nel senso che era una ragazza molto leggiadra, se si può definirla così. Mi ricordo che quando la portavo con me, nei nostri viaggi in Europa, era molto più attratta dalle vetrine che non dai musei che erano lo scopo principale di questi viaggi. Pensi che non era neppure curiosa di assaggiare la cucina locale che riteneva schifosa e non commestibile. Ecco Cenzina era così e poi le ronzavano attorno un sacco di mosconi. I suoi figli, invece Silvio specialmente e Paolo erano molto ricettivi e curiosi e da loro ho avuto molte soddisfazioni; purtroppo più da morto che da vivo.
E' vero che sopra il suo letto aveva fatto incorniciare le sue ultime volontà?
-Lei si sarebbe fidato, da morto, che tra monache, preti, caritatevoli parenti, quei pochi desideri, apparentemente blasfemi, ripeto, apparentemente blasfemi, durante gli anni '50 e '60 avessero avuto applicazione?
Ma in che consistevano queste volontà?
- Senta non mi va ora di parlare del mio passato. Un'altra volta, magari, se ci sarà una nuova occasione d'incontrarci, ne parleremo. Mi chieda invece perché le mie orecchie fischiano in continuazione. E' un turbine di voci confuse che mi nomina e mi ricorda, magari male, che mi sollecita a fare qualcosa per la Libreria che sta morendo; alcune voci m'arrivano smozzicate parlando di suicidio o autosuicidio o di suicidare. Suicidare che? Uno mica si fa suicidare, lo ammazzano e basta. Se poi s’intende d’induzione al suicidio, mi viene da ridere, mannaggia li pescetti! Non ci sono persone nella mia famiglia che si farebbero imporre qualcosa del genere. Vede, li ho educati ad agire sempre e in ogni caso secondo i loro principi, che non discuto, ho inculcato loro il principio dell'autonomia di giudizio: esprimere e mantenere sempre un proprio punto di vista sui fatti e gli avvenimenti della vita. Perciò non riesco a capire questa frase sussurrata: - Stanno suicidando "La Scolastica".
Non saprei che dire; sono voci arrivate anche a me e le ho intese come una costrizione forzata ad una chiusura della Libreria. Quando sei messo con le spalle al muro e non hai più risorse per difenderti, cedi all'inevitabile.
- Seguito a non capire bene. Debbo riflettere su questa domanda e mi riservo di darle una risposta un giorno di questi. Adesso devo andare a colazione: un secondo di carne arrostita finemente tagliuzzata con contorno di verdura lessa e, se avrò ancora fame mangerò due fedelini in brodo. Come saprà ho vissuto per novantasette anni e i primi piatti li ho riservati solo per appagare l'appetito. Ah, dimenticavo, la prossima volta si prepari domande più intelligenti. Buonasera
Buonasera .

2° Parte
Buongiorno, Don Mimì, come sta?
-Buondì, giovanotto, io sto molto bene e spero che lei stia bene come me.
Ha ripensato alla domanda che le ho fatta l'ultima volta che l'ho intervistata? Ha avuto modo di darmi una risposta?
-Giovanotto, questa è l'unica risposta che le do a proposito di definizioni più o meno filosofiche circa l'interpretazione di lemmi, frasi, o significati nascosti nei termini. Non sono un filologo, non sono un filosofo e tanto meno un indovino. Sono solo un povero maestro d'altri tempi che ha cercato di vivere come meglio poteva nel rispetto delle sue convinzioni più profonde.
Lei si sottovaluta. La sua è stata una vita densa d’avvenimenti e piena di cose importanti. Le hanno dedicato persino una strada.
- La strada è stata dedicata a Domenico Ciccarelli, educatore. Può vedere che si tratta di qualcosa che attiene solo al mio lavoro. Il resto delle cose che ho fatto, a parte la Libreria, è trascurabile e, come scrissi nelle mie volontà, avrei voluto che di me non si celebrassero le azioni o le funzioni private e pubbliche. In ogni modo, per non perdere del tempo, ho la mia risposta alla sua domanda sul significato di "stanno suicidando" e le voci che circolano. Direi che si può parlare d’eutanasia invero. Ecco, stanno praticando un’eutanasia alla morente libreria. La cosa curiosa sta nel fatto che quest'atto lo stanno praticando diverse persone . Mi sono ricordato, a proposito, di un libro di A. Christie: "Assassinio sull'Orient Express" che, a mio parere, è l'unico libro degno di essere citato della Christe che era, nel raccontare le sue storie, alquanto disonesta. Ma questo è un altro discorso. Diciamola così: è quasi un giallo. Un certo stuolo di soggetti è responsabile di un'eliminazione, quella della libreria che ho fondato. Citerò alcuni soggetti responsabili.
1) I lettori teramani che con il loro scarso amore per la lettura e per i libri hanno privato codesto luogo, la libreria, della sua stessa ragione d'esistere
2) Le associazioni di categoria, gli enti preposti al commercio, gli enti pubblici, le scuole, l'università. Esse non hanno capito che dietro questo tipo di commercio si palesava una qualità non riscontrabile in altri soggetti. Vede, lo sbocco normale per qualsiasi libreria indipendente e di qualità consiste nella possibilità di fare forniture, di dare informazioni e via dicendo. Le informazioni se le sono prese, gli aggiornamenti li hanno voluti ma gli acquisti non li hanno fatti quasi per nulla. Quindi come vede, quando si ragiona solo in termini di sconti e di ragioni economiche o d'opportunità, i libri non hanno rappresentato, quasi mai per costoro, una priorità. E' una questione di retroterra culturale, ma non so se riesce a capire questa sottigliezza.
3) I proprietari dei locali. L'avidità, dopo quasi cento anni di rapporti, ha prevalso su tutto. Ma ognuno è fatto com’è fatto e se sei abituato solo a prendere, difficilmente ti compenetri nelle problematiche degli altri. Ma su questo glisserei volentieri perché è un tema abbastanza ripugnante.
4) Le banche ed il mondo finanziario. Prima ti offrono tutto quel che non vuoi e poi quando le loro esigenze mutano si riprendono il doppio o il triplo o non so cosa di quel che sembrava ti offrissero con tanto slancio. Troppo comodo, troppo facile e troppo rozzo come metodo. Capirei anche la cosa per le banche non territoriali, per rapporti recenti ma non lo capisco per le realtà locali e per rapporti quasi centenari. Ma la volgarità e la mediocrità risiedono negli uomini dell'economia e come diceva Nostro Signore: - è molto più facile che un cammello passi attraverso la cruna di un ago che.....- E se non lo sanno, voglio ricordare che il Grand'Uomo si riferiva proprio a loro.
5) I miei nipoti. Poco attaccati al denaro e alle speculazioni, hanno dato prevalenza alla qualità del loro lavoro piuttosto che al loro tornaconto. Certo dormivano sonni placidi e soddisfatti, si beavano delle attestazioni di stima e delle manifestazioni che facevano, degli incontri coi poeti, con le persone straordinarie della letteratura e dell'arte -sostituendosi, talvolta, a chi la cultura deve proporla per mandato elettorale (ma anche questo è un altro discorso) - Hanno sempre fatto, proposto e organizzato con le loro forze, senza mai chiedere una lira alle istituzioni pubbliche.
6) Il tempo dell'ignoranza, della mancanza di compassione, dell'ignorante arroganza, della prevalenza dell'economia sull'uomo e il perfido e cattivissimo capitalismo che imperversa sui vostri torbidi e poveri giorni.
Ora direi che ho finito l'elenco; questi soggetti con premeditazione e con sufficienza hanno inferto le coltellate mortali che hanno o stanno determinando l'oggetto in questione: l'eutanasia. Sente che dolcezza v'è in questa parola, sembra una cosa lieve e dolce E U T A N A S I A.
Ha tempo per altre domande?
- Mi sembra che le abbia dedicato molto tempo, più di quanto volessi. Per oggi basta. Mi affatico e non mi va di pensare. Le risponderei per inerzia o per divertimento e non voglio dire sciocchezze o far ridere qualcuno. Arrivederci, ora, mi saluti un pò di gente.
Ci risentiamo, spero
inizio 3° Parte
Buongiorno, Don Mimì e grazie per essere qui.
-Cos’è tutta questa smania e fretta d‘incontrarmi di nuovo?
Mi scusi per il mancato preavviso ma debbo finire quest’intervista e non ho più molto tempo a disposizione.
-Questi sono problemi suoi. Stanotte ho fatto tardi e non derogo mai alle mie otto ore di sonno.
Ha fatto tardi? Se è lecito, posso chiederle il perché?
-Lei non è un intervistatore ma è soltanto una persona molto curiosa. Non ho capito che fa nella vita e a me sembra che sia un perdigiorno con smanie da scrittore patentato e legittimato da alcunché. Stanotte ho fatto una passeggiata per la mia città. Non n’osservavo gli aspetti nuovi da quando me la osservavo dal tram. Come Lei saprà, quando non potei più muovermi liberamente, feci abbonamenti mensili per girare a mio piacimento sui tram e osservare la città e i suoi cambiamenti quotidiani.
E’ vero, c’è ancora qualcuno che se lo ricorda.
-Bene, stanotte volevo vedere le nuove botteghe, le strade del centro cittadino e i loro mutamenti: a parte qualche sampietrino e l’assenza completa d’attività artigianali constato che non v’è nulla di veramente utile. Ma per incollare una sedia dove andate? Per comprare una guarnizione che fate? Ma son fatti vostri, oggi forse non si rompe nulla.
Ci sono i centri commerciali e i grandi magazzini fai da te dove si trova tutto quel che occorre.
-Vabbè per trovare un elastico per le mutande, vuol dire che ve n’andrete col sedere scoperto fino ad un centro commerciale. Ma son fatti vostri. Io cercavo del baccalà in bagno e lo cercavo da Rofi o da qualcun altro e invece le uniche cose che trovai, ad ogni angolo, erano negozi privi di merci dove si vendevano case o posti per parcheggiare le auto. Ma avete tanti denari oggi? Credo che le case costino parecchio; almeno, ai miei tempi era così. Io non ho mai voluto comperare una casa, preferivo stare in affitto e usare il denaro per altre cose. La casa come sicurezza è un errore clamoroso. La sicurezza te la da la conoscenza del mondo, il piacere della scoperta, l’incertezza delle proprie idee e delle questioni che ti poni.
Eh, i tempi son cambiati caro Don Mimì. Oggi tutti vogliono la sicurezza materiale e tentare di consolidare la posizione per dimostrare il successo raggiunto nella vita.
-Guardi che anche ai miei tempi era così: solo che coloro che agivano in codesto modo erano considerati aridi individui con piccole e grezze idee. Certamente esistevano i ricchi o i nobili e c’era molta disuguaglianza e arroganza e sfruttamento, c’era la fame, c’erano malattie e ignoranza, ma a me sembra che oggi non vada molto meglio per voi. I nobili sono, vivadio, scomparsi e i ricchi sono vecchi contrabbandieri e lestofanti privi di scrupoli: mi sembra d’aver udito termini come palazzinari, finanzieri, banchieri, ed evasori di tasse.>>>>>>> segue